L’Arcadia in Brenta, Monaco, Thuille, 1760

 PARTE SECONDA
 
 SCENA PRIMA
 
 Deliziosa.
 
 LINDORA, il CONTE e LAURETTA
 
 LAURA
455Io rido quando vedo
 certi pazzi, che fan gl’innamorati,
 e credon col contante
 render la donna amante.
 Quando il genio non v’è, non fanno niente.
460Si lascian nell’inganno;
 e se si voglion rovinar suo danno.
 LINDORA
 In quanto a questo poi,
 non dico come voi,
 non dono e non accetto
465e per non ingannar nulla prometto.
 LAURA
 Parliam d’altro di grazia.
 CONTE
                                                Deh madama, (A Lindora)
 andiamo per questi deliziosi colli,
 co’ vostri bei colori
 la vil bellezza a svergognar de’ fiori.
470Concedete ch’io possa
 regger col braccio mio... (A Lindora)
 LAURA
 Eh signor conte mio,
 lei parte con madama
 ed io resterò sola?
475Lei di cavalleria non sa la scola.
 CONTE
 Ha ragion.
 Io sono un mentecatto, io son un bue.
 Servirò, se il permette, a tutte due.
 LAURA
 Se madama l’accorda...
 LINDORA
                                             Io nol contendo.
 LAURA
480Io son contenta e le sue grazie attendo.
 CONTE
 Eccomi. Favorisca. Faccia grazia.
 Su l’umil braccio mio poggi la mano.
 LAURA
 Caminate più presto.
 LINDORA
                                          Andate piano.
 LAURA
 Ma via, non mi mancate.
 CONTE
                                                Eccomi lesto.
 LINDORA
485Non andate sì presto;
 di già voi mi stroppiate.
 LAURA
 Con questo andar sì pian,
 voi m’ammazzate.
 CONTE
                                    (Io sono
 nel terribile impegno). Via, madama,
490un tantinin più presto.
 Eh via, cara signora,
 un tantinin più piano.
 LAURA
 Più piano di così? Mi vien la morte.
 LINDORA
 Vi dico ch’io non posso andar sì forte.
 CONTE
 
495   Questa forte e quella piano,
 l’una tira e l’altra mola,
 non so più cosa mi far.
 Favoriscano la mano,
 anderò come potrò.
 
500   Forti, forti, saldi, saldi,
 vada pur ciascuna sola.
 Io gli sono servitor. (Partono)
 
 SCENA II
 
 Camera.
 
 FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Non vuo’ sentire.
 FORESTO
                                  Eh via, signor Fabrizio,
 siete un uom di giudizio,
505siete un uomo civile,
 non fate che vi domini la bile.
 FABRIZIO
 Che bile? Che m’andate
 bilando e strabilando?
 Ve ne dovete andar qualor vi mando.
 
510   Corpo del diavolo,
 parmi un po’ troppo.
 Che! Sono un cavolo?
 Son gentiluomo
 del mio paese,
515io fo le spese,
 io son padrone.
 Che impertinenza!
 Che prepotenza!
 Come? Che dite?
520Eh padron mio,
 basta così!
 
 FORESTO
 Finalmente fu scherzo.
 FABRIZIO
 Sì, fu scherzo ma intanto
 l’orologgio, la scattola e l’anello
525non si vedono più.
 FORESTO
                                     Siete in errore;
 eccovi l’orologgio,
 la scattola, l’anello.
 Ciò, ch’è il vostro, ognun di noi vi rende
 né di usurpar il vostro alcun pretende. (Gli rende tutto)
 FABRIZIO
530Eh non dico, non dico ma vedermi
 strapazzato e deriso.
 FORESTO
 Lo fan sul vostro viso
 per prendersi piacer ma di dietro poi
 le vostre spalle ognun vi reca lode
535e del vostro buon cuor favella e gode.
 FABRIZIO
 Son bon amico e faccio quel che posso.
 FORESTO
 A proposito, amico,
 che facciam questa sera?
 La carozza è venduta,
540sono andati i cavalli
 e da cena non v’è.
 FABRIZIO
                                   Come? In un giorno
 tanti ducatoni sono andati?
 FORESTO
 I debiti maggior si son pagati.
 FABRIZIO
 Io non so che mi far.
 FORESTO
                                        Siete in impegno,
545sottrarvi non potete.
 FABRIZIO
 Consigliatemi voi, se lo sapete.
 FORESTO
 L’orologgio e l’anello
 si potrian impegnar.
 FABRIZIO
                                         Sì, dite bene.
 FORESTO
 Ma non so se denaro
550si troverà abbastanza.
 FABRIZIO
                                           Ecco, prendete
 questa scattola ancora.
 Altro più non mi resta,
 Foresto caro, a terminar la festa.
 FORESTO
 Siete un grand’uom; peccato
555non abbiate il tesor maggior del mondo
 (che presto noi gli vederemmo il fondo).
 Vado a trovar il denaro
 e tosto a voi ritorno.
 Un certo non so che si va ideando.
560Qualor torno saprete il come e il quando. (Parte)
 
 SCENA III
 
 FABRIZIO, poi LINDORA
 
 FABRIZIO
 Tutto va ben, lo so che mi rovino.
 Ma non importa. Almen anch’io godessi
 da coteste mie ninfe traditore
 un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA
565Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 (Questa, a dir il vero,
 mi par troppo flemmatica).
 LINDORA
                                                     Non sente?
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 (Io non ricuserei
 di far un poco il cicisbeo con lei).
 LINDORA
 Si... gnor Fa... brizio. (Con caricatura)
 FABRIZIO
                                          Oh cielo! Mi perdoni,
570non l’avevo sentita.
 LINDORA
 Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta enfiata;
 quasi in petto una vena mi è crepata.
 FABRIZIO
 Canchero. Se ne guardi.
 LINDORA
575Sederei volontieri
 ma questa sedia è dura indiavolata.
 Sul morbido seder son avvezzata.
 FABRIZIO
 Ehi... Ehi reca tosto
 una sedia miglior. (Dal servo li vien portato altra sedia)
 LINDORA
                                     Molt’obbligata.
 FABRIZIO
580Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Oibò, è sì dura
 cotesta imbottitura
 ch’io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
 Rimediarvi conviene.
 Porta la mia poltrona.
 LINDORA
585Compatisca, signor.
 FABRIZIO
                                       Ella è padrona.
 Eccola, se ne servi. (Il servo con la poltrona)
 LINDORA
                                      Oh peggio, peggio.
 No no, non me ne curo;
 il guancial di vacchetta è troppo duro.
 FABRIZIO
 Eh corpo d’un giudio,
590ora la servo io. (Parte)
 LINDORA
                               Portate via
 la sedia ed il guanciale,
 quel odor di vacchetta mi fa male. (Torna Fabrizio con un matarazzo)
 FABRIZIO
 Eccolle un matarazzo;
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest’è un strapazzo,
595lo conosco, lo so, no, non credevo
 dover soffrir cotanto;
 (io crepo dalle risa e fingo pianto).
 
    Voglio andar... Non vuo’ più star,
 più beffata esser non vuo’.
600Signorsì, me n’anderò.
 Sono tanto tenerina
 ch’ogni cosa mi scompone;
 e voi siete la cagione
 che m’ha fatto lacrimar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 FABRIZIO, poi FORESTO
 
 FABRIZIO
605Si contenga chi può. Corpo del diavolo,
 non ne potevo più.
 FORESTO
                                     Signor Fabrizio,
 il principe d’Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitar all’improviso
 stassera una comedia.
 FABRIZIO
                                           Io non ne so.
 FORESTO
610Non temete ch’io vi contenterò.
 Io sono destinato
 di far da innamorato;
 da innamorata dovrà fare madama.
 Lauretta fa la serva,
615il nostro conte farà da genitore
 e voi dovete far da servitore.
 FABRIZIO
 Da servitor?
 FORESTO
                          Cioè la parte buffa.
 FABRIZIO
 Il buffo io dovrò far? Quest’è un mestiere
 ch’è difficile assai.
620Per far ridere i pazzi
 non vi vuol grand’ingegno
 ma far ridere i savi è grand’impegno.
 FORESTO
 Già s’avanza la notte,
 andatevi a vestir, ch’io venirò.
 FABRIZIO
625Farò quel che potrò.
 Mi dispiace il parlar all’improvviso.
 Se fosse una comedia almeno studiata,
 si potrebbe salvar il recitante,
 dicendo che il poeta è un ignorante.
 
 SCENA V
 
 FORESTO solo
 
 FORESTO
630Certo, non dice mal, sogliono tutti
 gettar la colpa su la schiena altrui.
 Se un’opera va mal, dice il poeta:
 «La mia composizion è buona e bella;
 quel ch’ha fallato è il mastro di capella».
635E questo d’aver fatto
 gran musica si vanta
 e che il difetto vien da chi la canta.
 Infine l’impressario,
 senza saper qual siane la cagione,
640se ne va dolcemente in perdizione.
 
    Perché riesca bene un’opera,
 quante cose mai vi vogliono!
 Libro buono e buona musica,
 buone voci e donne giovani,
645balli, suoni, scene e macchine,
 e poi basta? Signor no.
 Che vi vuole? Io non lo so!
 Ma nol sa né men chi critica,
 benché ognun vuol criticar.
 
 SCENA VI
 
 FORESTO col nome di Cintio, FABRIZIO da Pulcinella, LAURETTA da Colomba, LINDORA col nome di Diana, infine il CONTE da Pantalone
 
 FORESTO
650Seguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                       Eccome cà.
 FORESTO
 Siccome un’atra nube
 si oppone al sole e l’ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol, cui l’altro cede,
655l’occhio mio più non vede, ond’è che afflitto
 i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parle tidisca, io non t’intendo.
 FORESTO
 Fedelissimo servo,
 batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
660A quale porta?
 FORESTO
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 FORESTO
 Finger dei che vi sia.
 Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
 come i comici fanno alla comedia.
 FABRIZIO
665Aggio caputo ma famme na grazia;
 pecché da tozzolare aggio alla porta?
 FORESTO
 Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar.
 FABRIZIO
                                         Cà sulla strada?
 FORESTO
 È ver, non istà bene
670che facciano l’amor sopra la strada
 civili onesti amanti
 ma ciò sogliono far i commedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozzolerò ma se qualcuno,
 quando ho battuto io, battesse a me?
 FORESTO
675Lascia far, non importa, io son per te.
 FABRIZIO
 Oh de casa.
 LAURA
                        Chi batte?
 FABRIZIO
                                              Songo io.
 LAURA
 Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Patron, chessa è per me.
 FORESTO
                                               Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURA
680Io sono Colombina Menarella.
 FORESTO
 Di Diana cameriera?
 LAURA
 Per servir vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 FORESTO
                                       Deh vi prego,
 chiamatela di grazia.
 LAURA
                                         Ora la servo.
 FABRIZIO
685Sienteme, peccerella,
 vienence ancora tuie,
 ch’a nce devertiremo fra de nuie.
 LAURA
 Sì sì, questa è l’usanza,
 se i padroni fra lor fanno l’amore,
690fa l’amor colla serva il servitore.
 
    Il padron colla padrona
 fa l’amor con nobilità.
 Noi andiamo giù alla bona
 senza tanta civiltà.
 
695   Dicon quelli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, oh dio!»
 Noi diciam senz’altre pene:
 «Mi vuoi ben, ti voglio bene»
 e facciamo presto presto
700tutto quel che s’ha da far. (Si ritira fingendo di chiamar Diana)
 
 FORESTO
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piaceresti, o Menarella?
 FORESTO
 Ecco viene quel bel che m’innamora.
 FABRIZIO
 Con essa vene Menarella ancora. (Vengono Lindora e Lauretta)
 FORESTO
705Venite, idolo mio.
 Venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo, vengo, mio bene, eccomi qua.
 FORESTO
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
 Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
710Ah tu si’ la mia bella.
 LAURA
 Ah voi siete il mio caro Pulcinella.
 FORESTO
 A voi donato ho il core.
 LINDORA
 Ardo per voi d’amore.
 FABRIZIO
 Per te me siento lo Vesuvio in petto.
 LAURA
715Cotto è il mio core al foco dell’affetto.
 FORESTO
 
    Vezzosetta, mia diletta. (A Lindora)
 
 FABRIZIO
 
 Menarella, mia caretta.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURA
 
 Pulcinella bello mio.
 
 LINDORA
 
720Che contento, che diletto.
 
 LAURA
 
 Vien, mio bene, a questo petto.
 
 A QUATTRO
 
 Io ti voglio un po’ abbracciar. (Viene il conte da Pantaleone)
 
 IL CONTE
 
    Ola, ola, cosa feu?
 Abbrazzai? Cagadonai!
725Via caveve, via de qua.
 
 LINDORA
 
    Io m’inchino al genitore.
 
 LAURA
 
 Serva sua, signor padrone.
 
 FORESTO
 
 Riverisco, mio signore.
 
 FABRIZIO
 
 Te so’ schiavo, Pantalone.
 
 IL CONTE
 
730El ziradonarve attorno;
 tutti andeve a far squartar.
 
 FORESTO
 
    Vuol ch’io vada?
 
 IL CONTE
 
                                    Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anch’io?
 
 IL CONTE
 
                             Mi v’ho mandao.
 
 FORESTO
 
 Anderò colla mia bella.
 
 FABRIZIO
 
735Anderò con Menarella.
 
 LINDORA, LAURA
 
 Io contenta venirò.
 
 IL CONTE
 
 Via, tiolé sto canelao.
 Colle putte, oh questo no.
 
 LINDORA
 
    Signor padre, per pietà. (S’inginocchia)
 
 LAURA
 
740Gnor padron, per carità. (S’inginocchia)
 
 FORESTO
 
 Deh vi supplico ancor io. (Fa l’istesso)
 
 FABRIZIO
 
 Pantalon, patrone mio. (Fa l’istesso)
 
 IL CONTE
 
 Duro star non posso più.
 Via, mattazzi, levé su.
 
 A QUATTRO
 
745   Io vi prego.
 
 IL CONTE
 
                           Zitto là.
 
 A QUATTRO
 
 Vi scongiuro.
 
 IL CONTE
 
                           Vegnì qua.
 
    Cari fioi, deve la man.
 Alla fin son venezian,
 m’avé mosso a compassion.
 
 A QUATTRO
 
750Viva, viva Pantalon.
 
    Viva, viva il dolce affetto;
 viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
 che consola il nostro cor.
 
 SCENA ULTIMA
 
 FABRIZIO e poi tutti
 
 FABRIZIO
755Ohimè dove m’ascondo?
 Ohimè, che sono andato in precipizio.
 Povera Arcadia! Povero Fabrizio!
 È finito il denaro;
 è venduto il vendibile. Ogni cosa
760alfin s’è terminata ed ho gran pena
 che per i forestier non v’è da cena.
 FORESTO
 Orsù, signor Fabrizio,
 permetete ch’io parli; ognuno sa
 che siete un galantuomo,
765che siete rovinato,
 che non v’è più rimedio. Ognun vi prega
 che veniate con noi; se ricusate
 superbia e non virtù voi dimostrate.
 FABRIZIO
 No, non vuo’ che si dica
770ch’io abbia avvuto di grazia
 d’andar in casa d’altri
 doppo aver rovinata casa mia.
 Vuo’ fugir la vergogna e scampar via. (Vol fugire)
 FORESTO
 Dove, signor Fabrizio? (Lo trattiene)
 FABRIZIO
775Vado a far un servizio.
 Aspettatemi qui, che adesso torno. (Come sopra)
 CONTE
 Fermatevi, signore,
 fateci quest’onore.
 LINDORA
 Vi prego.
 LAURA
                    Vi scongiuro.
 CONTE
780Non siate con due donne ingrato e duro.
 FABRIZIO
 Orsù, m’arrendo al generoso invito.
 Non è poca fortuna
 per un uom rovinato
 esiger compasion dal mondo ingrato.
 
 Coro
 
 TUTTI
 
785   Signor Fabrizio,
 venga con noi
 e lieto poi
 ritornerà.
 
 FABRIZIO
 
    Vengo e ringrazio
790tanta bontà.
 
 TUTTI
 
    L’Arcadia in Brenta
 è terminata
 e la brigata
 via se ne va.
 
 FABRIZIO
 
795   (Andata fosse
 tre giorni fa).
 
 TUTTI
 
    Signor Fabrizio,
 venga con noi
 e lieto poi
800ritornerà.
 
 FABRIZIO
 
    Vengo e ringrazio
 tanta bontà.
 
 Fine